Cosa sono gli e-sports?

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Negli ultimi anni si sta registrando sempre un maggior interesse per gli “sport elettronici”, meglio noti come e-sports: una particolare forma di competizione professionistica non basata su doti fisiche in senso stretto, ma su capacità videoludiche.

Come per gli sport professionistici, gli e-sports sono delle discipline a livello competitivo organizzato e professionistico.

Si fa risalire la prima forma di e-sports al primo evento competitivo organizzato da Atari nel 1980: raccolse negli usa 10.000 partecipanti che si scontrarono giocando a Space Invaders.

Molte cose sono cambiate da allora: quando si parla di e-sports oggi si intende in prevalenza giochi multigiocatore, a squadre o meno, che si scontrano per decretare un vincitore, ma non sono esclusi del tutto i cosiddetti giochi “single player”.

Non è un segreto che i Millennials e la generazione successiva, che non hanno mai conosciuto un’epoca priva di internet, si appassionano con più facilità a competizioni che sfruttano videogiochi a cui loro stessi giocano quotidianamente: è come per un calciatore, anche dilettante, avere una naturale attrazione per i mondiali di calcio.

Questo crescente pubblico ha fatto crescere molte competizioni organizzate a livello professionistico che vengono gestite al pari dei migliori eventi sportivi “classici”: arbitri che giudicano la correttezza della partita e commentatori specializzati nei vari giochi che intrattengono il pubblico che osserva le sfide.

Era inevitabile quindi che prima o poi si giungesse alla domanda che molto sta facendo discutere: perché non far entrare gli e-sports nelle categorie olimpiche?

Il prossimo traguardo sono le Olimpiadi di Parigi nel 2024, ma una decisione ufficiale sarà presa solo dopo Tokyo 2020.

Alcuni vedono come inevitabile una entrata degli e-sports nella competizione quadriennale che vede coinvolto tutto il mondo, ma ci sono dei nodi da sciogliere non di poco conto.

La prima obiezione che è stata fatta è che molti dei videogiochi presi in considerazione dagli e-sports sembrerebbero promuovere comportamenti violenti. A questo però si può facilmente obiettare che anche il tiro con l’arco o il tiro a volo richiamano comportamenti violenti, essendo discipline mutuate da ambiti militari e che utilizzano armi. Per non parlare poi delle discipline prettamente di lotta, come il pugilato. Quindi lo scoglio semmai è di natura culturale.

Quello che invece potrebbe essere uno scoglio difficilmente sormontabile è il fatto che gli e-sports si basano su giochi che sono di proprietà di aziende private, cosa che nei giochi olimpici non avviene.

Il videogioco inoltre è una “scatola chiusa” il cui contenuto non è ispezionabile da nessuna commissione esterna alla casa produttrice e quindi non se ne può garantire la imparzialità durante le competizioni. In molti videogiochi esiste una fattore randomico (comunemente indicato come RNG) che non è incluso in altre discipline olimpiche dove l’atleta deve il suo successo o insuccesso esclusivamente alla sua preparazione e dove tutti gli atleti sono messi in parità di condizioni.

Può capitare, ad esempio, che in un gioco di carte uno dei due giocatori abbia una mano migliore e che quindi la sua vittoria possa essere determinata solo dal caso e non da una sua effettiva maggiore bravura.

Non tutti i giochi quindi saranno ammissibili come discipline olimpiche, ma un nodo che sembra fondamentale è che quelli ammessi non abbiano un fattore RNG e che siano rilasciati come opensource, in modo che chiunque possa giudicarne la fattiva imparzialità.