In questi giorni ha fatto molto parlare di sé l’influencer 21enne americana Jessy Taylor che ha subito un blocco temporaneo del suo account su instagram e che ha affidato tutto il suo sfogo ad un video su youtube di 4 minuti pieno di lacrime e disperazione.
I commenti sui social network non sono stati molto empatici: da “Spreco di ossigeno!” a “ed è qui,in questi casi...che capisco e do'ragione a i talebani.”
Alcuni addirittura hanno cominciato ad organizzarsi per segnalarla ulteriormente e farle chiudere definitivamente l’account.
Jessy Taylor non è la prima e non sarà l’ultima influencer che raccoglierà le ire della grande tribuna del web per qualcosa che ha detto/fatto (es. Chiara Ferragni).
Ma cos’è un influencer? E perché c’è chi lo ama, ma anche chi lo odia?
Come si intuisce dalla parola stessa influencer può essere maccheronicamente tradotto con influenzatore, ovvero chi è in grado di influenzare altre persone. Nel mondo del web questo si traduce in personaggi che usano i social, per lo più instagram e twitter, e che hanno un pubblico che gli riconosce carisma e/o autorevolezza rispetto a determinate tematiche. In sintesi si tratta dei buon vecchi “opinion leader” di sociologia, ma con internet a banda larga.
Come guadagna un influencer? Allo stesso modo di come guadagnano i testimonial, con una piccola differenza: mentre il testimonial si può prestare a settori diversi da quello che lo hanno reso celebre (giocatore di calcio - spot di prodotti per la casa), gli influencer rimangono nel loro ambito di competenza, facendosi ambasciatori del prodotto che pubblicizzano presso il proprio pubblico.
Ecco quindi perché i follower sono così importanti: non si può essere influencer senza di essi.
A molti il lavoro di influencer può sembrare banale, ma non lo è affatto: quello che sembra caso o spontaneità, nella maggior parte dei casi è invece pianificato a tavolino, come qualsiasi altro lavoro. Arrivare ad acquisire la fiducia di un pubblico ampio richiede empatia e la creazione di un personaggio coerente da portare avanti. Non significa che l’influencer è un bugiardo, ma che, come ogni personaggio pubblico, non può essere senza filtri. Essere considerati delle autorità in un determinato settore e conservare questa stima del pubblico significa anche selezionare i prodotti da promuovere, proprio perché la cosa peggiore che può capitare è quella di perde la stima dei follower.
La risposta quindi al “perché c’è chi li ama” è immediata, ma perché invece c’è chi li odia?
Il lavoro degli influencer si basa sulla visibilità, che deve essere sempre accresciuta e nella morale comune l’umiltà è un valore. Il “non farsi notare” viene visto quasi come un segno di rispetto per il prossimo, mentre la superbia, o presunta tale, è un peccato capitale.
Inoltre c’è la sensazione che gli influencer “guadagnino soldi facili senza fare un lavoro vero” (cosa che è intuitivamente falsa) e questo sembra risultare intollerabile a chi fa un lavoro diverso.